Eeeeeccomi come promesso un nuovo capitolino.. voglio scusarmi prima di tutto per non aver commentato il capitolo della noe, ma in sto periodo sono piena di robe da studiare ed è gia un miracolo che sia riuscita a leggerlo e sopratutto a scrivere ahahah bhe, buona lettura <3
ps. mi scuso per eventuali errori di battitura/ scrittura <3
Capitolo ventitre
La mia giornata scolastica era andata considerevolmente bene; nessuna verifica, nessuna interrogazione aveva ne minato l’andamento e quindi mi potevo considerare di buon umore, il che era strano. Ero incinta orma da tre settimane e nessuno si era accorto di nulla; solo Noemi lo sapeva perché ovviamente le avevo raccontato tutto, ma in ogni caso dopo un iniziale shock con conseguente sclero barra incavatura, si era mostrata comprensiva nei miei confronti. Mi aveva detto che mi sarebbe stata accanto in qualsiasi caso; sia nel caso decidessi di tenere il bambino, sia nel caso pensassi all’aborto. Non volevo tenere il bambino, non mi sentivo pronta, però l’aborto era costoso e di certo non avevo soldi per potermelo permettere; non avevo intenzione di dire nulla ai miei genitori quindi dovevo escogitare un modo per tirarmi fuori da quella situazione.
Stavo camminando per il vialetto fuori scuola mentre ragionavo sul da farsi. Noemi usciva un ora dopo di me e non avevo voglia di cucinare, così decisi di dirigermi verso un bar vicino scuola - ovviamente non quello in cui lavorava Liam -.
Mentre percorrevo la larga strada diretta al bar, si avvicinò una macchina, una di quelle da fighetto, tutte modificate con l’impianto stereo ultra sofisticato che permetteva ai passanti di sentire la musica che il guidatore stava ascoltando - musica che peraltro non interessava a nessuno-.
Il tipo abbassò il finestrino e mi resi conto che lo schifo che provavo per quella macchina non era minimamente paragonabile allo schifo che provavo ogni volta che vedevo Anderson.
Conoscevo quel ragazzo sin dalle elementari e devo dire che era sempre stato uno dei soggetti più viscidi e irritanti che io avessi mai conosciuto, aveva la faccia da pervertito e lo stile che riassumeva il singolare connubio tra tamarro e buzzurro.
Era talmente ripugnante da non meritarsi nemmeno di essere chiamato per nome; in realtà egli nella mia mente non aveva un vero e proprio nome: era sempre stato Anderson il viscido. In ogni caso appena vidi comparire la sua faccia da schiaffi, andai avanti cercando di non prestargli attenzione e non prestare attenzione nemmeno al fatto che mi stesse seguendo costeggiando il marciapiede con la macchina.
“ dai tesoro, fermati; volevo solo essere gentile ed offrirti un passaggio” disse urlando per poi mettere su un sorrisetto beffardo da psicopatico.
“ primo: non chiamarmi tesoro, chiamami non so..Melanie, anzi no va, non chiamarmi affatto; secondo: non accetto passaggi né da sconosciuti né da rifiuti umani, quindi..” risposi fermandomi e girandomi verso di lui, per poi servirgli lo stesso sorriso da schiaffi e ricominciare a camminare imperterrita.
Il ragazzo non si scoraggiò e continuò a seguirmi per un pezzo così mi girai evidentemente irritata dal suo comportamento e gli andai vicino scandendo un bel “sparisci idiota”.
Le mie parole non sembrarono molto efficaci come speravo così presi la borsa e tirai fuori le chiavi di casa - si, “casa”, quella in cui abitavo con i ragazzi; nonostante non vivessi più con loro, non avevo intenzioni di ridare loro la mia chiave- e gli rigai il parabrezza dell’auto.
Forse quella non era stata una delle mie migliori idee, forse avrei dovuto solo ignorarlo, fatto sta che il suo sguardo da arrapato divenne immediatamente cattivo, arrabbiato. In realtà non pensavo mi avrebbe fatto del male e per fortuna non mi sbagliai; si limitò ad andarsene ma non prima di aver fatto retromarcia e infradiciarmi prendendo in pieno l’unica cavolo di pozzanghera fangosa che non si era ancora asciugata dopo la pioggia di due giorni prima.
Non detti peso al fatto che i miei jeans bianchi erano diventati di due tonalità più scuri e che la mia maglia azzurra, che non presupponeva il fatto di essere attillata, lo fosse diventata.
Ora avevo un perfetto look da sedicenne incinta e scappata di casa.
In ogni caso tra una cosa e l’altra non mi ero accorta di essere arrivata davanti al bar.
Entrai nel locale e notai con piacere che non era molto affollato; non avevo mai amato le masse di persone e non avevo mai amato nemmeno dover aspettare per il mio cibo; ora che ero incinta tutto ciò mi infastidiva ulteriormente, nonostante non si vedesse ancora la pancia, avevo gia gli ormoni in subbuglio, che mi portavano ad infastidirmi per tutto. Mi sedetti al tavolo ed ordinai. Dopo qualche minuto vidi entrare dalla porta un ragazzo abbastanza alto, almeno rispetto a me; aveva i capelli di un biondo scuro, tendenti al castano. Lo vidi di sfuggita ma lo riconobbi subito: era
Liam.
E quando la sfiga è nei paraggi, Melanie è presente: avevo evitato di mangiare al bar della scuola proprio per non vederlo e ora me lo ritrovavo davanti, questa sì che è fortuna.
Presi la carta del menù e me la portai davanti al viso sperando non mi vedesse.
Mangiai più in fretta possibile, con la convinzione che lui non si fosse accorto della mia presenza; non alzai lo sguardo un secondo e quando finalmente lo feci notai che Liam era sparito; probabilmente aveva solo comprato qualche panino da portare via, lo faceva sempre quando lui e i ragazzi dopo scuola avevano l’allenamento e non avevano voglia di andare a casa.
Tirai un sospiro di sollievo, finii di mangiare, pagai ed uscii.
Attraversai il parcheggio del bar che dava alla strada e notai una macchina che si avvicinava. Non ci potevo credere; Anderson mi aveva pedinata. Ero sconvolta, mi avvicinai verso di lui con l’intenzione di ucciderlo, tanto sarei finita all’inferno in ogni caso, tanto valeva che mi riscattassi compiendo una buona azione per l’umanità eliminando quell’essere infimo dalla faccia della Terra; ragionai sul fatto che probabilmente me lo sarei ritrovata anche all’inferno e mentre questi pensieri vagavano per la mia mente, notai con ulteriore sorpresa che il ragazzo in macchina non era Anderson ma, forse ancora peggio, Liam.
“sei stato ad aspettarmi in macchina finche non finissi di mangiare?” chiesi ironicamente, guardandolo negli occhi. Era tutto così strano, non scrutavo il suo sguardo da tanto tempo, forse anche troppo.
“in realtà si” rispose sostenendo il mio sguardo, anche se i suoi occhi esprimevano dolcezza al contrario dei miei che credo incutessero un po’ di timore in quel momento. Liam infatti sembrava un po’ preoccupato.
“volevo solo parlarti, è da quando te ne sei andata che mi tengo dentro un po’ di cose che vorrei dirti” disse prima di aprire la portiera del passeggero e chiedermi di salire.
Decisi di prendere la mia anima Grifondoro nascosta da qualche parte e salire; nonostante per tutto questo tempo ero restia all’idea di parlarci, non perché non volessi chiarire ma solo perché pensavo che il tempo avrebbe guarito le ferite, in quell’istante decisi che il momento era arrivato.
Se la mia vita fosse stata un film probabilmente ci sarebbe stato un triste e snervante colpo di scena nel quale la protagonista, cioè io, rifiuta per l’ennesima volta un incontro con
l’ex migliore amico, mettendo del tutto fine all’amicizia e creando scandalo e risentimento - con tanto di calo degli ascolti-.
Ma nella vita reale, la mia vita, preferii mettere da parte l’orgoglio e lasciare che il cuore prendesse il sopravvento sulla ragione.
Salì in macchina e chiusi la portiera mettendo la sicura. Per tutto il viaggio non dissi niente e preferii non fare domande se non dove mi stesse portando.
“
a casa” fu la sua risposta.
Arrivammo davanti alla posta ed entrando ebbi uno di quei strani flashback, nel quale rividi la prima volta che misi piede in quell’appartamento.
Due anni prima“ma sta casa è enorme” disse Niall girandosi verso di noi. Io, Zayn, Louis e Liam lo guardammo perplesso.
“ce ne siamo accorti anche noi Niall” rispose Liam sorridendogli caldamente. “nooo, ci sono anche le scale!” continuò il biondo ossigenato “ce ne siamo accorti, e due” dissi io dandogli una pacca sulla spalla di incoraggiamento alla “vai Niall, ce la puoi fare”.
Mi guardai intorno, la casa era stupenda; aveva grandi finestroni che illuminavano la sala e la cucina era davvero bellissima, con i mobili in finto marmo bianco e un enorme lampadario che rappresentava il perfetto incontro tra classico e moderno. Mi girai verso Zayn e ebbi la sensazione che avesse avuto la mia stessa idea, così mi avvicinai a lui e gli chiese se poteva prendermi la valigia che avevo lasciato sulla soglia della porta; appena egli si girò ne approfittai per correre su per le scale e impossessarmi della stanca più grande.
Il ragazzo, capito l’imbroglio, mi rincorse, urlandomi dietro un “piccola manipolatrice, mi hai ingannata!”. soddisfatta chiusi la porta della mia nuova camera e mi stesi sul letto.Guardai Liam, gli sorrisi leggermente, era decisamente una situazione strana e un po’ imbarazzante. Mi ero già preparata il discorso in previsione del fatto che prima o poi gli avrei riparlato, ma in quel momento la mia mente era vuota, ogni minimo pensiero che avevo maturato in questi mesi, ogni intelligente ramanzina che mi ero preparata era andata a farsi fottere, e lo stesso avevano fatto i miei neuroni. Credo sembrassi una perfetta idiota in quel momento. Mi sedetti sul divano e iniziai a guardarmi intorno.
“vuoi qualcosa da bere?” urlò Liam, che nel frattempo era andato in cucina. “un bicchiere d’acqua, grazie” risposi forse troppo a bassa voce, infatti egli tornò con due bicchieri di coca-cola.
“ da quando non hai un controllo all’udito?” chiesi sorseggiando la bevanda “perché?” “lascia stare” dissi posando il bicchiere e levando da esso il segno del rossetto rosso chiaro che aveva lasciato. Ero molto fiera del mio abbinamento jeans chiari con un tocco di colore dato dal rossetto rosso perciò mi rimisi il mio fedele rossetto che ti “tenuta 24 ore” aveva bene poco e iniziai a parlare.
“perché mi volevi parlare?” chiesi guardando Liam fisso negli occhi.
“
mi manchi” rispose serio, prendendomi la mano. “mi dispiace per tutto. Non avrei dovuto mentirti e nasconderti tutto; in fin dei conti eri la mia migliore amica,
sei la mia migliore amica. Spero proprio tu possa e riesca a perdonarmi”. un brivido mi percosse la schiena; forse era stupido ma trovavo le sue parole così dolci e sincere che non riuscì a non perdonarlo. Lo abbracciai; all’inizio era un po’ rigido; probabilmente non si aspettava una mia reazione così spontanea, magari pensava non l’avrei perdonato, ma dopo essersi lasciato andare ricambiò il mio abbraccio.
“scusami anche tu, è stato stupido non rivolgerti la parola per così tanto tempo. E poi non era colpa tua, insomma eri in una brutta situazione, ti trovavi in mezzo tra me e Zayn e hai dovuto fare una scelta, mi dispiace” conclusi il mio discorso con un “pacina?” e porgendogli il mignolo, segnammo la fine della guerra fredda.
Mi sentivo molto meglio; come se mi fossi liberata di un enorme peso che mi schiacciava lo stomaco. Bhe,diciamo che quella sensazione era anche dovuta al bambino che essa accoglieva, per qualche attimo mi ero quasi dimenticato di lui. O di lei. In realtà non sapevo il sesso e non avevo intenzione di saperlo, non volevo dargli un nome, non volevo nemmeno pensare a che nome dargli; lo avrebbe reso reale e per ora nutrivo ancora la speranza che il mio fosse solo un terribile incubo.
Sentì improvvisamente un gran mal di testa, come se qualcuno mi avesse appena rotto un vaso sulla nuca e io non avessi nemmeno avuto la forza di reagire.
Liam era affianco a me e mi diceva qualcosa, qualcosa che non riuscivo a capire; era come se stessi vivendo una realtà parallela, come se quello che stavo vivendo in quel momento fosse una proiezione del mio inconscio. Sentì solo un lunghissimo fischio e un rigurgito salire su per la gola. Vomitai addosso a Liam, che prima di essere ricoperto - non so come ci riuscì- si spostò, lasciando fosse il pavimento a subire quello schifo.
“tutto bene?” mi chiese tenendomi i capelli all’indietro e lasciando che finissi di sboccare l’anima.
Lo guardai respirando lentamente per cercare di soffocare gli ultimi conati che mi stavano per salire. “ehm, si.. Scusa devo andare” dissi alzandomi di scatto e prendendo la borsa. Quello di certo non era un pretesto per lasciarlo li da solo a pulire ma non volevo assolutamente iniziasse a domandarmi cosa avevo, se volevo dei farmaci - che naturalmente non potevo prendere- o altro. Avevamo appena risolto i conflitti, di certo non volevo alleviare la sua gioia rivelandogli il mio “piccolo segreto”.
Corsi a casa di Noe e fortunatamente la trovai lì. Non fece nemmeno in tempo a salutarmi che mi chiusi in bagno; mi lavai il viso e i denti, con tanto di colluttorio.
“tu non puoi capire cos’è successo!” esclamai uscendo dal bagno e guardando la ragazza che era sdraiata sul letto intenta a leggere uno di quei inutili giornalini di gossip. “Brad e Angelina si sposano?” disse guardandomi e indicandomi la foto di lei con un modesto anello sull’anulare sinistro. La guardai perplessa per poi andarmi a sedere davanti a lei, tirarle una manata sulla testa e continuare “no idiota, dato che oggi uscivi un ora dopo, ho deciso di andare a mangiare al bar, quello sul Boulevard Road, hai presente?Bhe, in ogni caso, indovina chi ho incontrato lì?” chiesi incitandola a rispondere. Giocare ad “indovina chi” con Noemi in orario post- pranzo ergo post-abbiocco pomeridiano era come insegnare a ballare la samba ad uno scoiattolo parapleggico.
“Liam, Noemi.. Ho incontrato Liam” conclusi sospirando. “ohh.. E che ti ha detto? Che hai risposto? Cosa avete fatto?” la ragazza iniziò a spararmi domande a raffica, al che io le spiegai che lo avevo perdonato - anzi, che ci eravamo perdonati a vicenda-. Le raccontai anche della vomitata e lei di tutta risposta iniziò a ridere. “cosi non mi aiuti, dio che figura ti merda che ho fatto” “ no dai tranquilla, gia non se lo ricorderà più.” disse abbracciandomi e accarezzandomi dolcemente la schiena. “grazie Noe” “figurati.. Io invece ti devo parlare di una cosa” la ragazza si alzò e prese un bicchiere d’acqua posto sul comodino di color ebano scuro ; lo bevve tutto di un sorso e poi si stendette appoggiando la testa sul cuscino. Io feci lo stesso e mi stesi affianco a lei. “su, parla!” la incitai girando il viso verso il suo.
“ho parlato con Horan e mi ha detto che ha mollato Kay… non so, è stato strano.. Ero dispiaciuta ma allo stesso tempo felice, sollevata, come se quella fosse più una bella notizia che una brutta.” “ qualcuno si è presa una cotta per il piccolo Horan!” “dai smettila!” esclamò la mora alzandosi di scatto in piedi.
“non riesco a capire cosa provo.. Sono confusa” “per esperienza personale ti dico che il tuo “essere confuso” è solo un modo per mettere da parte i tuoi sentimenti, è la scusa perfetta per non viverti il momento. Secondo me ti piace e a lui piaci te” conclusi alzando il busto e sorridendole amichevolmente.
“ti va un gelato?” mi chiese laciandomi le chiavi di casa “certo” risposi ridendo.