Ecco qui, beccatevi la mia nuova effe effe, One Direction,The Wanted, tutti insieme appasionatamente u.u
Sono un po' malata in sto periodo (solo di testa, dont worry) quindi prendetela un po' allegramente LOL
Capitolo 1
Get this Party Started on a Saturday Night
Proprio mentre stavo per entrare in casa e chiudermi fuori dal mondo con una doccia calda mi squillò il telefono. Lasciai andare il borsone della palestra, che toccò terra con un tonfo sordo. Il telefono continuava a squillare. Lo cercai, l’avevo nascosto chissà dove nel borsone. Quando lo trovai mancai la chiamata per un soffio, «pronto?» Domandai poi aprendo la chiamata.
«Hey, Nat, mi sono dimenticato di dirti oggi, che vado dalla zia, sto là un paio di giorni, sai con Matt è messa un po’ male in questo periodo…» Mi spiegò velocemente papà. «C’è da fare la spesa,» aggiunse. «Pensaci tu,» concluse chiudendo la chiamata.
Chiusi il telefono lo gettai nel borsone accanto ai miei piedi e rimasi truce a guardarlo. Spostai velocemente lo sguardo al cielo, era sereno.
Lasciai perdere il cielo e riprendendo il borsone in spalla mi avviai dentro casa. Dovetti cercare anche le chiavi, quindi decisi che bussando avrei fatto prima.
«Chi è?» Domandò la vocina squillante di mio fratello Greyson.
Sbuffai, «l’uomo nero.»
«Allora non ti apro,» concluse per tutta risposta. Lo sentii allontanarsi davvero dalla porta.
«Greyson! Aprimi dai!» Urlai battendo il cinque sulla porta. Mi misi a suonare il campanello, ininterrottamente. «Greyson!» Continuai a tenere il dito sul campanello fino a quando non tornò per aprirmi.
Sentii i passi, e di nuovo la domanda, «chi è?»
Sbuffai, «Greyson, non è più divertente!»
«Sono Emma,» concluse mia sorella aprendo la porta. «Dove hai le chiavi?» Inarcai un sopracciglio e corsi su per le scale, non volevo risponderle, o non l’avrebbe più finita per giorni con la sua filippica sul “le chiavi ti servono, dove le hai messe”. «Seriamente Nat, dove sono le tue chiavi?» Domandò nuovamente chiudendo la porta.
Mi fermai in cima alle scale, la guardai, sbuffai, «nel borsone, okay?»
«Sempre più sfaticato,» concluse tornandosene in salotto.
Non ci feci caso. Andai in camera, lasciai il borsone in mezzo alla stanza. Avevo ancora i vestiti sudati addosso, e puzzavo: necessitavo una doccia.
Avevo voglia di rilassarmi, decisi che avrei fatto un bagno. Così andai ad aprire l’acqua.
Mentre tornavo in camera mia incrociai Emma lungo il corridoio. «Come è andato l’allenamento?» Domandò senza neanche volerlo sapere veramente.
Feci spallucce, «bene.» Sospirai e feci per andarmene. «Ah, Em?»
«Sì?» Chiese dalla soglia della sua camera. Mi domandai se fosse giusto dirglielo subito. «Cosa?» Domandò ancora perché non le rispondevo. «Nathan preferirei non passare il resto della giornata sulla porta della mia camera attendendo che ti venga un’illuminazione.»
«Sì, sì, hai ragione,» conclusi guardandola adirata, «stasera si fa baracca.»
Sbiancò, «stasera? Starai scherzando!»
Feci segno di no, «assolutamente, papà mi ha chiamato, è via un paio di giorni.»
Si diede una pacca sulla fronte, «Geyson?»
Feci spallucce, di nuovo, «con noi, è la mascotte delle nostre feste oramai, cosa lo vuoi cacciare?»
«Come vuoi… Hai già avvisato tutti?» Chiese dubbiosa. Sapevo che stava ancora cercando una soluzione per fare in modo che Greyson non rimanesse con noi a casa. Si chiuse la porta alle spalle e pochi secondi dopo sentii lo stereo pompato al massimo, era una specie di messaggio del tipo “non disturbare”.
Tornai in camera per immergermi ancora una volta nei meandri del mio borsone alla ricerca del cellulare. Non mi ci volle molto per trovarlo, dall’ultima telefonata era rimasto in cima alla pila di abiti da allenamento.
Lo aprii e trovai un messaggio di Niall, il mio migliore amico, “che facciamo stasera, bro?”. Cercai il suo numero tra i preferiti, e lo chiamai, se c’era qualcuno che mi doveva aiutare con la festa dell’estate, quello era Niall.
«Bro!» Urlò aprendo la chiamata. «Allora l’hai letto il messaggio…» Sentenziò, «da quando mi chiami per rispondere ad un sms?»
Risi, «da mai! Però ho notizie calde, le vuoi o chiamo qualcun altro?» Domandai certo di aver ottenuto la sua attenzione.
Sentii uno sbuffo sommesso, «dai, ti ascolterò, ma giusto perché sono tuo amico.» Sospirò, «qualche bella bionda per l’estate?»
«Meglio!» Gli urlai per tutta risposta.
Lo sentii agitato. «Allora? Che è? Nuova macchina? Andiamo in vacanza ad LA o Miami? Il poliziotto non c’è?» Rimasi in silenzio, non volevo rispondergli. «Il poliziotto non c’è?» Chiese di nuovo eccitatissimo. «IL POLIZIOTTO NON C’È!» Urlò eccitatissimo.
«Senti, mi devo andare a fare una doccia, e poi la spesa…» Gli spiegai velocemente, «ci pensi tu ad avvisare tutti?»
«Ovvio,» constato lui. «Alle nove da voi?»
«Alle nove da noi,» acconsentii io. Sospirai e feci per mettere giù. Lo sentii incerto, «che c’è?»
Sospirò, «c’è anche quella gnocca di tua sorella?»
Mi misi a ridere, non sarebbe mai cambiato quel ragazzo, «no guarda, la sfratto. A stasera Niall.» Chiusi la chiamata senza nemmeno stare ad ascoltare se aveva altro da dire. Abbandonai il telefono chissà dove in camera e andai a chiudermi in bagno, immergendomi infine nell’acqua bollente.
Festa significava che più o meno tutti gli adolescenti e quasi maggiorenni di Port Orford sarebbero stati riversati dentro il nostro giardino, sì perché probabilmente la casa sarebbe stata rasa al suo nel giro di alcuni minuti.
Nonostante lo scenario devastante, significava anche che i miei amici sarebbero stati a quella festa, e, nonostante Niall probabilmente avesse già pensato a chiamarli, mi sembrava quantomeno doveroso avvisare almeno le mie amiche.
Non feci in tempo a formulare il pensiero che il telefono cominciò a suonare. Lo lasciai suonare fino a quando non sentii cominciare la seconda strofa di Don’t Stop Believin’ dei Journey. «Pronto?» Risposi infine. «Emma è tutt’orecchie.»
«Certo, ne ero sicura,» concluse sarcastica Layla. «Hai bisogno di una mano?»
Feci spallucce tra me e me, «forse a mettere a posto no, mi faccio aiutare da Grey…»
«Uhm,» rantolò lei dall’altra parte della cornetta, tanto lo sapeva che non le avrei risparmiato del lavoro forzato. «Dai, allora cosa c’è? Il giardino da rendere presentabile e la piscina da pulire?»
Sospirai, «eh… In teoria.»
«Perché dici sempre in teoria?» Domandò adirata. «Tanto alla fine diventa sempre un “in pratica”!»
Mi misi a ridere, «ma se dico in teoria, sembra meno pesante… No?»
«Mi duole dirtelo,» sentenziò sarcasticamente, «ma no.»
Sbuffai, «d’accordo… Alle sette e mezza da me, anzi, facciamo sette!»
Sapevo che dall’altra parte del filo Layla era sbiancata, erano le cinque e mezzo, e lei doveva ancora prepararsi, era pigra quanto me, quindi si stava agitando. «Ma sono le cinque e mezzo!» Urlò mentre io le facevo il verso. «Non ce la farò mai!»
«Pensa che in bagno da me c’è Nat, e dopo che l’ha fatto lui, dovrò farlo io, e poi dovremo fare la doccia!» Conclusi ridendo. «Quindi, gambe in spalla e muoviti!»
Sbuffò, «d’accordo, e poi com’è che io mi faccio sempre coinvolgere nella preparazione di questi festini malefici?»
«Festni?» Ridacchiai pensando alla sua faccia contrariata, «queste sono le feste dell’anno!»
Sospirò, «e ne facciamo una ogni tre giorni quasi! Accidenti quante feste dell’anno.» Concluse ancora più sarcasticamente.
«Già,» annuì io senza che lei potesse vederlo. «Sarà perché vengono bene.»
«Sì,» sospirò ancora, «dormo lì.»
«Tanto non si dorme,» risposi prontamente io.
«Già,» concluse lei.
Sorrisi, «a dopo.»
«A dopo,» concluse lasciando che fossi io a chiudere per prima.
Abbandonai il cellulare sul letto, e diedi una scorsa in giro, dovevo mettere a posto, trovarmi un “outift” per la serata, e nascondere gli “oggetti compromettenti”.
Quando venivano fatte quelle feste erano veramente fatte in stile “American Pie”, il che portava alla demolizione della casa e all’invasione di ogni singola stanza, e solo dio sa quello che veniva combinato in quelle stanze.
Quindi ogni cosa che non doveva essere trovata doveva essere nascosta, in luoghi che potevano essere la cantina, o gli sgabuzzini, nel nostro caso la cantina, soprattutto perché lì dentro era anche custodita la motocicletta di nostro padre, che non doveva assolutamente essere toccata da qualcuno che non fosse lui.
Cominciai a radunare la roba da nascondere sul letto, nel frattempo mettevo un po’ in ordine, misi a lavare un po’ di roba, in modo che quando fossi scesa a prendere lo scatolone per metterci la mia roba avrei portato via anche la roba sporca.
Sentii la porta del bagno sbattere, il che voleva dire che Nathan o era entrato, o era uscito, ma visto il tempo che era passato dalla nostra chiacchierata intuii che forse era uscito.
Presi con me il cesto dei panni sporchi e uscii, la porta del bagno era spalancata, e quella della camera chiusa, mi accostai e bussai, «Nat?»
«Che vuoi?» Domandò con la solita gentilezza da scaricatore di porto.
Sospirai, mi dovevo rassegnare, «a fare la spesa chi ci va?» Speravo in una risposta del tipo “io e Niall”, o “io e Grey”.
«Noi due, chi se no?» Concluse distruggendo ogni mia speranza.
«In realtà speravo in una risposta della serie “io e il mio migliore amico”.» Conclusi sarcastica avviandomi giù per le scale.
«Sogna sogna,» mi canzonò uscendo dalla sua camera in mutande per andare ad asciugarsi in bagno.
Feci spallucce, «be’ tanto male non mi ha mai fatto.»
Mentre andavo in garage diedi una scorsa a Greyson, era esattamente dove l’avevo lasciato mezz’ora prima, sul tappeto in salotto a giocare a San Andreas, oramai avevo imparato anche io il nome dei suoi stupidi giochi. Erano veramente stupidi, solo quello consisteva nell’ammazzare gente, insomma, non è che fosse proprio uno dei migliori giochi del mondo. In effetti mi meravigliavo che mio padre lo facesse addirittura giocare, di solito era uno di quelli “ligi al dovere”, e quel gioco era vietato ai minori di diciotto. Ma a quanto pare, non importava a nessuno. «Greyson non ti fanno male gli occhi?» Lo canzonai sparendo in garage.
«Tu non ti fai mai i fatti tuoi?» Domandò retoricamente senza nemmeno essersi accorto che non ero più lì ad ascoltare la risposta.
Il nostro garage era una specie di labirinto, pieno di scatoloni e robaccia, roba che forse avremmo fatto meglio a sbattere via, o quanto meno selezionare le cose che avremmo voluto tenere. Accesi la luce e mi districai tra le pile di roba per arrivare alla lavanderia, lasciai là i panni sporchi e tornai in garage a prendere uno scatolone qualsiasi per metterci la mia roba. Mi chiusi la porta alle spalle e tornai in camera mia.
«Sei ancora lì?» Chiesi scherzosamente a Greyson che ancora giocava.
«Guarda che se non la smetti ti denuncio!» Sbuffò.
«Ah, ah,» commentai divertita. «Per intralcio a giochi pericolosi…»
«Non sei divertente,» concluse retorico.
«Già,» conclusi abbandonandomi sul divano alle sue spalle, «senti, stasera il poliziotto non c’è…»
Mise in pausa la partita e mi guardò sconvolto, «stai scherzando?»
«No,» dissi facendo segno con la testa, «se Layls arriva che io e Nat siamo ancora a fare la spesa, intrattienila… Okay?»
«Ok,» sospirò, «però devo fare il mago anche stasera?»
Feci spallucce, «se non vuoi no.»
«Bene,» concluse facendo spallucce a sua volta.
«Bene,» commentai io, «vado a vedere com’è messo Nat e poi andiamo, tu… renditi utile.»
Scoppiò a ridere, «certo… Come sempre.» Mi diede le spalle e riprese la sua partita a GTA.
Mi avviai su per le scale urlando a gran voce il nome di mio fratello che comparve con aria contrariata dalla porta del bagno. «Perché urli?»
«Non lo so,» conclusi io. «Ne avevo voglia.»
Mi guardò traluce, «okay, io ho voglia di scopare, ma non salto addosso alla prima ragazza che mi passa davanti per la strada.»
Scoppiai a ridere, «questa era buona.» Dissi contorcendomi sul pianerottolo delle scale. «Davvero, hai battuto te stesso.»
Mi guardò ancora più corrucciato, «ah-ah, senti, diamoci una mossa che è meglio.»
«Sì, prendo la borsa e arrivo,» risposi correndo in camera con ancora lo scatolone da riempire tra le mani. «Aspettami in macchina.»
Fece spallucce e scomparve lungo la scala, «come vuoi.»
«Grey?» Domandai entrando in salotto. «Sei ancora vivo?»
Sbuffò, «sì, sono vivo! Ma siete così sconvolti di quanto io usi quest’aggeggio?»
Feci spallucce, «sinceramente no. Solo che non sapevo come attirare la tua attenzione visto che ti ho chiamato tre volte.»
«Ah,» concluse mettendo in pausa il gioco. «Scusa.»
«Comunque,» cominciai, «stasera il poliziotto non c’è quindi…»
«Me l’ha già detto Em,» mi zittì lui. «Se Layls arriva prima di voi la intrattengo, e stasera idem… Conosco la prassi, grazie.»
Battei le mani, «perfetto… Anche Niall.»
«Se lo dici tu…» Concluse tornando a giocare.
Feci un gesto come a dire “lasciamo perdere” e me ne andai. «Ah, se Em non scende tra due minuti urlale qualcosa.»
«Sì,» mi assicurò esasperato.
Lasciai la porta socchiusa, tanto in un paio di minuti sarebbe dovuta uscire anche Emma.
Entrai in macchina e dopo nemmeno due secondi che stavo seduto cominciai a tamburellare con le dita sul volante. Ero impaziente, non ci potevo fare niente. «Emma dove sei…» Canticchiavo anche tra me e me. Dopo cinque minuti mi misi a suonare il clacson.
«Eccomi! Eccomi!» Urlò seccata. «Sto arrivando.»
Mi misi a cantare l’alleluia, «oh, miss Hale ce l’ha fatta.»
«Sì, ridi pure, tanto se non ci pensavo io ai “fondi festa” andavamo a fare la spesa pagando con i sassolini.» Mi mise totalmente con le spalle al muro.
Sospirai, «okay, questa la vinci tu… Ma non ti ci abituare.»
Arrivammo al supermercato in dieci minuti, e dato che non era orario di spesa il parcheggio era semideserto e parcheggiai accanto ai carrelli.
«All’alcol chi ci pensa oggi?» Domandò distrattamente Emma mentre entravamo.
Feci spallucce, «sinceramente non lo so, Niall sta facendo il giro delle telefonate, vedrai che qualche vecchietto ce lo porta.» Con vecchietto intendevamo chiunque oltre i ventun’anni.
«Perfetto.» Concluse guardandosi intorno per cercare il reparto che interessava a noi. «Comunque a casa deve esserci qualche scorta, nell’eventualità intendo.»
«Bene,» constatai io. Ne io ne Emma avevamo l’età per bere, io diciotto e lei sedici, il che ci faceva veramente piccoli per assumere qualsiasi tipo di alcolico, e tanto meno comprarlo.
Mi squillò il cellulare, ma non me ne resi conto subito, avevo attivato la vibrazione. «Vez,» salutò allegra la voce di Niall. «Dove sei?»
«Al supermercato… Hai trovato l’alcol?» Domandai prima che mi passasse di mente.
Sapevo che stava sorridendo, «Alex, oggi ci pensa lui, con Mike… credo.»
«Ok,» risposi sollevato, «ah, se arrivi a casa non c’è bisogno che passi dal retro, c’è Greyson, suona pure.»
Sospirò, «tra, non farò l’abusivo per questa volta.»
Risi, «e per fortuna aggiungerei.»
«Vado che mi devo lavare,» concluse divertito, «non posso presentarmi a tua sorella in questo stato.»
«Non per guastarti la festa, ma secondo me non gli andresti bene manco se somigliassi ad Orlando Bloom.» Lo sconfortai io. «Ci vediamo dopo vez.» Chiuse la chiamata senza nemmeno ribattere.
Tornai con la testa nel supermercato alla ricerca di mia sorella che era scomparsa chissà dove alla ricerca di chissà cosa. Optai per rimanere dov’ero, così sarebbe tornata lei da me senza nessun mio sforzo, che tanto ci saremmo ritrovati comunque.
«Ecco qui,» sentenziò tornando e svuotandosi le braccia lasciando cadere nel carrello almeno una decina di pacchetti di patatine e popcorn. «Dici che bastano?»
Li guardai di sfuggita, «direi proprio di sì.»
Suonò il campanello e fui costretto a mettere in pausa la partita per l’ennesima volta in quel pomeriggio. «Ma le chiavi non le avete mai?» Urlai andando ad aprire la porta a quelli che immaginavo essere Nathan ed Emma, infondo era già mezz’ora che erano usciti. «Arrivo!» Sbraitai correndo verso la porta. «Certo che ogni tanto portarvi dietro le chiavi male non vi farebbe,» conclusi aprendo.
«Effettivamente è tanto che dico a tuo fratello che dovrebbe farmene una copia,» sorrise Niall sull’uscio. «Ma non mi dà retta,» sospirò malinconico. «Allora macho, come te la passi?» Domandò entrando senza che nemmeno gli dessi il permesso.
«Bene,» risposi distrattamente chiudendo la porta. Ma infondo a Niall non interessava più di tanto dato che era già scomparso. «Fai come se fossi a casa tua.» Conclusi tornando in salotto per spegnere la partita.
Sentii Niall alle mie spalle sprofondare nel divano, «a cosa giocavi?» Domandò vedendomi armeggiare con il joystick.
Feci spallucce, «San Andreas.»
«Ma basta!» Urlò contrariato, «convertiti alla box! Halo è molto meglio.»
Mugugnai, «se lo dici tu.» Suonò di nuovo il campanello, e più esasperato di prima spensi la playstation.
«Vado io,» avvisò Niall alzandosi. «Chissà chi è?»
Lo seguii, e di certo non si trovò davanti mia sorella come sperava, ma bensì Layla. «Hey Layls!» La salutai facendo gli onori di casa per tralasciare la faccia insoddisfatta di Niall.
«Ciao Macho!» Salutò lei. «Queste dove le metto?» Domandò sollevando una busta del supermercato piena di bottiglie di vetro.
Le guardai un secondo, ma Niall rispose prima di me «ma toccava a te portare l’alcol oggi? Ho detto a Alex e Mike di pensarci oggi.»
Layls sorrise appoggiando la borsa accanto alla porta e chiudendosela alle spalle, «lo so, ma erano avanzate a casa mia, sarebbero state da buttare.»
«Ci vuoi avvelenare?» Domandò Niall sbirciando nella borsa.
Layla fece uno dei suoi sorrisi acidi, «tu per primo Horan.»
«Bene,» sussurrai io non volendomi intromettere del tutto. «Niall porta la borsa in garage… Layls… porta la tua roba in camera di mia sorella… Poi tornate in cucina, che ci dividiamo i compiti.»
Ci dividemmo tutti, e non appena tornarono cominciammo a sparpagliarci in giro per mettere in ordine; nascondere, o meglio, preservare gli oggetti fragili; togliere di mezzo gli oggetti preziosi, in questo buco di paese siamo tutti figli di papà, ma qualcuno con le manine lunghe c’è sempre; pulire la piscina; riordinare il giardino; preparare il tavolo per il buffet e gli alcolici, anche se, il tutto sarebbe arrivato più tardi.
Dopo nemmeno un quarto d’ora Emma e Nathan erano tornati, carichi di borse di Walmart pronte per essere sistemate direttamente sul tavolo del buffet.
Per le otto e mezza finimmo tutto, e il primo piano divenne off-limits per noi tre “uomini”; le ragazze dovevano lavarsi e finire di prepararsi quindi noi dovevamo stare “fuori dai piedi”.
Io, mentre le ragazze si preparavano finii la mia partita a San Andreas, mentre i ragazzi si spaparanzarono sui materassi gonfiabili in piscina.